| Fuori dalla finestra, una grigia e piovosa giornata d'autunno londinese sta imperversando sotto i miei occhi. La pioggia è talmente forte che anche gli enormi e secolari pini del mio giardino hanno deciso di piegare le loro chiome sotto la sua potenza. -Signorina? E' tutto a posto? Eccola di nuovo, quella melodiosa voce che, da ben quattro anni, risuona nelle miei orecchie. -Si non ti preoccupare, è tutto a posto. Mentre parlo usando un timbro monotono, i miei occhi continuano a fissare il paesaggio. Piove come quel giorno, quel fatidico giorno che cambiò, per sempre e irrevocabilmente, la mia vita. Tutto cominciò una sera, la sera del lontano 14 ottobre 1886...
La Luna e Le Pozzanghere
Clop, clop ,clop Sono riparata sotto ad un lurido cartone in una strada di Londra. Nonostante sia al sicuro dalla pioggia che continua a cadere dalle nubi, i miei piedi - scalzi e lerci- vengono comunque bagnati dalle gocce che, ritmicamente, cadono una dopo l'altra dal lato sinistro del cartone. Gli autunni londinesi sono sempre stati piovosi ma mai, come in quest'anno, era caduta così tanta acqua:lo dicevano tutti, perchè non crederci!? Costretta a quella scomoda posizione per poter star sotto al cartone, sembro ancora più piccina e misera di quanto non lo sia già. mi afferrò con le esili braccia le gambe magre e irrigidite dal freddo e incomincio a cantare una di quelle canzoncine sporche che ho imparato vivendo per la strada: cosa posso farci? non ne conosco altre! nessuno in vita mia me le ha mai insegnate. Mentre continuo a cantare, un cane dall'aria spaesate e impaurita si viene a riparare vicino a me. -E tu piccolino? Cosa ci fai qui?- chiedo interrompendo di botto il mio canto. -Ma tu non hai una famiglia da cui tornare?- Il cane mi fissa e sembra che ,con quei suoi occhi glaciali, voglia rendermi partecipe della sua solitudine. -Sei solo soletto anche tu eh? Non ti preoccupare: ci faremo compagnia noi due!Anche io non ho nessuno da cui tornare.- la fierezza con cui pronuncio la frase mal si sposa con il concetto che in essa esprimo. Così trascino più vicino a me il cane il quale, senza farselo ripetere, appoggia il muso sulle mie gambe.
Eggià, nemmeno io ho una famiglia da cui tornare! penso fissando i piccoli schizzi che la pioggia emette al contatto con i ciottoli della strada. Per 12 lunghi anni ho vissuto per strada conducendo una vita di stenti. I miei genitori, come diceva la moglie del fornaio, erano due brave persone morte per la tubercolosi quando io avevo appena un anno. Mio padre, uomo onesto e grande lavoratore, era stato il primo a lasciarci (il perchè la signora fornaia usasse il plurale non l'ho mai capito) mentre mia madre, morì 4 mesi dopo. Tutti e due se ne sono andati senza nemmeno avere la cortezza di portarmi con loro. Ma no! in paradiso con me non ci vogliono stare...io devo rimanere in questo inferno! Vissi di rapina, di elemosina e di qualche lavoretto che, occasionalmente, mi capitavano a tiro. Dire di avere mai avuto almeno un amico sarebbe un'enorme bugia! Quando vivi per la strada, quando non hai di che mangiare, non appena famigliarizzi con qualcuno il primo pensiero che ti viene in mente è come escogitare un piano per derubarlo! Insomma una vera vita da randagia, la mia!
Dopo ore ed ore, la pioggia sembra essersi acquietata: per adesso di lei rimangono soltanto quell'odiosa puzza che infesta e strade e una miriade di pozzanghere sparse in ogni dove. -Beh!-dico al cane- è stato bello conoscerti, ma ora devo andare, Sayonara!- Così mi butto per la strada e cammino in cerca di un ponte dove poter passare la notte. Cammino per una buona mezz'ora sotto la luce della luna che, riflessa dalle pozzanghere, sembra ancora più mistica e paurosa. Sono scalza e ogni volta che poggio il piede per terra sento una fitta per il freddo, ma non è il momento per lamentarsi questo! Mentre mi faccio forza, scorgo di lontano una carrozza che si avvicina e che ci fa un nobile da ste parti? penso sorpresa. La carrozza procede velocemente finchè, giunta vicino, comincia a rallentare fino a fermarsi del tutto proprio di fronte a me. Ma che vorrà questo? ripenso mentre, con gli occhi spalancati per la meraviglia, fisso la carrozza: tutta dipinta di nero, con tendine rosse, è trainata da due cavalli neri anch'essi e da un giovane cocchiere. Le rifiniture delle ruote sono fatte stando attenti anche ai minimi dettagli. In quell'istante la porta del passeggero si apre e, dall'oscurità dell'abitacolo, sento una voce dura e aggressiva domandarmi: -Quanto volete a notte?- la domanda mi lascia sbigottita -S-scusate? Cosa intendete dire? -Intendo dire proprio questo: quanto volete a notte? -No, mi scusi! Voi dovete avermi preso per una poco di buono, ma io non... -SALI E ZITTA!- Dall'oscurità, senza nemmeno farmi finire la frase, una grossa mano inguantata e viscida mi afferra e, con sgarbo, mi trascina nell'abitacolo. -O MIO DIO!- faccio in tempo a gridare poi, tutto si fa buio.
to be continued.......
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